Parte seconda
Il rush finale della campagna social di Harris e Trump
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Nelle ultime ore della corsa alla Casa Bianca, i sondaggi ci raccontano una situazione too close to call, ossia di sostanziale parità tra i due candidati nel voto popolare e negli Stati in bilico. Saranno proprio questi a essere decisivi per decretare il prossimo Presidente: ecco perché Kamala Harris, Donald Trump e i rispettivi vice hanno scelto di trascorrere le ultime ore della propria campagna elettorale tra Pennsylvania, North Carolina, Michigan, Wisconsin e Georgia.
Con i seggi finalmente aperti oggi si sta concludendo anche la lunga e serrata battaglia sul campo dei social media, nel quale si è giocato il rush finale delle presidenziali. Quali sono state le strategie adottate nella comunicazione social durante la settimana precedente al voto? Le abbiamo analizzate tenendo conto di tre fattori: gli attacchi all’avversario (quanto i due candidati si sono concentrati sul proprio competitor), i temi affrontati e la tipologia di media usati (sia come piattaforma che come formato).
ATTACK CAMPAIGN O IMAGE-BUILDING?
Trend e sondaggi ci raccontano di un dibattito politico percepito dai cittadini americanicome sempre più tossico e incendiario, la cui negatività – intesa come la scelta di attaccare l’avversario, piuttosto che parlare dei propri punti di forza – è da sempre caratteristica associata a Donald Trump. Il tycoon newyorkese si è creato una reputazione di politico avvezzo ad attacchi diretti e personali contro gli avversari: come hanno notato i principali quotidiani americani, Trump ha scelto questa tattica anche nelle ultime settimane, intensificando gli attacchi personali nei confronti di Kamala Harris. Nei propri comizi e nelle apparizioni mediatiche di questi giorni, infatti, Trump ha consolidato una retorica più tendente all’estremismo, a differenza di Harris che si è posizionata richiamando all’unità nazionale, alla speranza e alla gioia. La domanda sorge spontanea: vale lo stesso nella comunicazione social?
Mappando rispettivamente l’uso di linguaggio propositivo (quindi di costruzione della propria immagine) e d’attacco all’avversario sulle quattro principali piattaforme social (Facebook, Instagram, X e TikTok) durante l’ultima settimana di campagna elettorale si riscontra una risposta controintuitiva: l’uso di negatività da parte di Harris e Trump è sostanzialmente equivalente, privilegiando entrambi un approccio propositivo e di mobilitazione positiva. Dal grafico si nota come il dato della propositività dei due candidati si assesti intorno al 76%, con Trump avanti di qualche decimo percentuale. È Harris a utilizzare maggiormente il puro attacco all’avversario – 14.8% (108 post su 730 complessivi) contro 11.9% (30 post su 252 complessivi)- mentre nei contenuti che utilizzano un misto di attacco e propositività Trump raggiunge l’11.9% (30 su 232), contro il 9.7% (71 post su 730) dell’attuale vicepresidente.
L’approccio social di Trump trova conferma anche nel giorno del voto: l’ex Presidente punta sul ringraziare e mobilitare il proprio elettorato, riaffermando gli impegni presi in caso di vittoria. Anche Harris sceglie la via dell’entusiasmo e della mobilitazione. In un’elezione estremamente incerta come quella del 2024, si nota quindi una scelta speculare delle due squadre di comunicazione nella settimana decisiva, puntando sulla forza del proprio candidato e lasciando gli attacchi all’avversario come contorno.
ISSUE E TEMATICHE
Se si nota un’affinità sulla quantità di attacchi, va sottolineata invece una chiara divergenza sul numero di contenuti. Nella settimana precedente al voto Harris ha pubblicato (al momento dell’analisi *) 730 post, contro i 252 di Donald Trump. La scelta dem di essere presente in modo capillare sui quattro social di riferimento si traduce anche nella quantità di tematiche presenti nella comunicazione digital della vicepresidente. Osservando il grafico, che mappa i principali temi affrontati durante il rush finale, si nota soprattutto una più ampia diversità tematica da parte di Harris. In particolare, sono due le materie di policy che affronta maggiormente: “diritti riproduttivi” ed “economia”, oggetti di un contenuto specifico rispettivamente 63 e 55 volte (si tratta di post che vengono pubblicati su diversi canali: ai fini dell’analisi sono conteggiati per ogni pubblicazione). Sui primi Harris punta molto per mobilitare il voto femminile, mentre la seconda è stata sovente considerata un potenziale punto forte dell’avversario.
Per entrambi sono le call-to-action al voto il principale argomento usato – una scelta in linea con la necessità di mobilitare la più ampia porzione possibile del proprio elettorato di riferimento – seguite dagli slogan di campagna, ossia i messaggi chiave ripetuti agli elettori per fornire una linea politica e morale del candidato. Kamala Harris punta molto su “far sentire la propria voce”, ”voltare pagina”, e sull’idea che“quando si combatte, si vince”. Trump, invece, sul “salvare l’America” e sull’”aggiustarla”, ma anche sull’evergreen “Make America Great Again”. Differenza non da poco sussiste anche nella tipologia di narrazione della campagna stessa: se Trump rendere disponibili in streaming tutti i suoi comizi per intero, Harris predilige un racconto più spezzettato fatto di dietro le quinte lungo il tragitto, di frammenti di discorsoe di focus sull’agenda. Entrambi, come detto, mantengono la strategia di dedicare una parte minoritaria (seppur significativa) ad attaccare il proprio avversario: tipologia di contenuto che occupa la quarta posizione in entrambe le classifiche tematiche.
PIATTAFORME E FORMAT
La principale differenza mediatica è nel numero dei contenuti prodotti, più che nella scelta delle piattaforme social. Nelle due campagne, infatti, si nota chiaramente una sovrapposizione pressoché totale dei post sui diversi canali social. In altre parole, la maggior parte delle pubblicazioni di entrambi i candidati è presente in modo identico su Facebook, Instagram e X. Diverge in parte TikTok, in quanto canale improntato su video d’impatto – ma anche in questo caso i contenuti pubblicati sono presenti per lo più anche sulle altre piattaforme.
Queste scelte ci raccontano che i team della comunicazione di Trump e Harris hanno adottato una strategia simile: puntare sulla capillarità dei contenuti più che su una differenziazione tra piattaforme. L’ampia produzione di materiale è stata fatta confluire su tutti i canali possibili – al di là di piccole differenze tecniche, come gli elementi puramente testuali tipici di X, o lo streaming che si presta all’utilizzo su Facebook. Vista la qualità di produzione a disposizione delle due campagne, è probabile che la decisione sia stata quella di sfruttare ogni opportunità di contatto con cittadini ed elettori, anche a costo di eventuali ripetizioni. Nei differenti usi dei format spicca soprattutto l’ampio ricorso ai video da parte di Kamala Harris rispetto a Donald Trump, che invece ha puntato maggiormente sull’uso di grafiche ad hoc.
COSA CI RACCONTANO I DATI?
L’ultima settimana di una campagna elettorale sui social non è indicativa dell’intero periodo, ma aiuta a spiegarne le scelte più profonde e il modus operandi adottato nel momento decisivo. L’evidenza più chiara è che le due campagne hanno elementi di convergenza in alcuni importanti punti chiave, come la percentuale di contenuti propositivi, la differenziazione tra piattaforme quasi inesistente, e il ricorso a call-to-action e a slogan di campagna diretti ed evocativi è al centro della strategia di mobilitazione degli ultimi giorni. In una competizione elettorale così aperta e apparentemente destinata a risolversi sul filo del rasoio, le scelte nella comunicazione politica sui social vanno in direzioni simili, evitando terreni poco battuti.
La vera differenza, naturalmente, sta nell’idea di Paese che i due candidati offrono – una divergenza sostanziale che traspare sotto le tecniche comunicative. Entrambi raccontano una visione di futuro, ma le parole chiave e la sostanza politica ne rendono evidente il contrasto.
(*) I dati sono raccolti al 4 novembre 2024 e l’analisi copre l’ultima settimana antecedente al voto.