Ognuno di noi nelle ultime settimane si è imbattuto in un tweet, un video su Tik Tok o una Instagram Story sulla guerra tra Ucraina e Russia.
L’invasione da parte di Mosca è una vicenda che coinvolge direttamente anche i social network, poiché parte delle informazioni condivise dai media occidentali deriva proprio dai contenuti pubblicati su queste piattaforme dai principali protagonisti in campo: il Premier ucraino Volodymyr Zelensky e la macchina della propaganda russa di Vladimir Putin.
Zelensky, un eroe social di guerra
Assoluto protagonista del racconto social della crisi ucraina è il presidente Volodymyr Zelensky, ex attore comico eletto nel 2019 alla guida del Paese che ha assistito alla sua trasformazione, da volto di una serie tv a vero e proprio leader carismatico di una Nazione in guerra contro un invasore.
Un aspetto da tenere in considerazione per dare una valutazione complessiva dell’efficacia comunicativa del Presidente ucraino è la sua presenza sui social media. Con ben 6.256.095 follower l’account Twitter di Zelensky è una delle principali fonti di informazione sul conflitto per i media di tutto il mondo, utilizzato soprattutto per smentire la propaganda russa che mira a screditarlo, rafforzare la rete di aiuti internazionali a sostegno dell’Ucraina e, più in generale, per trasmettere l’idea di un capitano presente, agguerrito e per nulla intenzionato ad abbandonare il proprio popolo.
Ma la presenza online di Zelensky non si ferma qui. L’account Instagram da 17 milioni di follower e il canale ufficiale su Telegram da 1.3 milioni di iscritti testimoniano il successo dell’inedita strategia comunicativa di un conflitto armato attuata dal Presidente ucraino.
Con questi numeri si attesta l’indubbia capacità di Zelensky di dettare l’agenda comunicativa del conflitto e di catturare l’attenzione dei media così come l’empatia di buona parte dell’Occidente, da Praga agli Stati Uniti.
Per esempio, nel nostro Paese dalle 4 del mattino italiane del 24 febbraio – inizio dell’offensiva russa su Kiev – a domenica 15 maggio il nome del Presidente è stato menzionato in rete 1.2 milioni di volte, raccogliendo un totale di 11.9 milioni di interazioni.
In queste settimane la figura del Presidente ucraino è stata citata, ovviamente, anche dai principali attori politici e istituzionali italiani nelle loro pubblicazioni sui social. Nell’arco di tempo preso in analisi, il contenuto che ha goduto del maggior tasso di coinvolgimento da parte degli utenti è un video del senatore ex 5 Stelle Alessandro di Battista, che attraverso i propri canali social ha veicolato un intervento del direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, polemico rispetto all’invio di armi a sostegno della resistenza militare in Ucraina.
Al secondo posto tra le figure più performanti in rete c’è il leader della Lega Matteo Salvini, che in un post su Instagram relativo all’intervento del Premier ucraino a Montecitorio il 22 marzo ha commentato:
“Qui Montecitorio.
Ho apprezzato le parole del presidente ucraino Zelensky che si è collegato in videoconferenza con il Parlamento e ha ringraziato l’Italia per la straordinaria accoglienza che sta garantendo alle famiglie in fuga.
In Aula abbiamo ascoltato parole di PACE e di disponibilità al dialogo: speriamo vengano raccolte da Mosca e da chi – anche in Occidente – parla con troppa facilità di armi.
La diplomazia dev’essere centrale per la risoluzione del conflitto. 🇮🇹🇺🇦”
Il terzo attore istituzionale più engaging sul tema è il senatore del Gruppo Misto Gianluigi Paragone che su Facebook ha condiviso un articolo del proprio blog dal tone of voice particolamente acceso verso il leader ucraino, dal titolo “Zelensky non è un ambasciatore di pace, dargli retta porta alla terza guerra mondiale”
Putin, un leader senza community
Nel campo dell’informazione, è stato scritto molto sulla propaganda russa contro l’Ucraina, meno invece sulla strategia comunicativa social del presidente Vladimir Putin. Esempio vivente della politica machista e dell’uomo solo al comando, il leader russo non ha un profilo social personale e potremmo in realtà definirlo un vero e proprio “leader senza community”.
Consapevole che la maggioranza dei russi riceva informazioni dalla televisione, che copre il 95% del territorio federale, finora Putin non ha avuto bisogno dei social per preservare il proprio consenso. Piuttosto, sembra continuare a voler utilizzare la sfera digitale come strumento di soft power – soprattutto a livello internazionale – per contrastare l’ostilità occidentale e diffondere una narrativa ufficiale russa che racconta una realtà parallela, potenziando nel mentre gli strumenti di controllo a disposizione dello Stato, incrementando il numero di siti e account bloccati e incentivando la nascita di piattaforme social sotto il suo diretto controllo.
Roskomnadzor, infatti, è l’organismo governativo che regola la comunicazione in rete e dei media del Paese e possiede ampi poteri discrezionali al punto che, ad oggi, ha chiuso 411.328 siti e promosso sanzioni contro Google, Meta, YouTube o TikTok. Non è un caso se MF Technologies – il gruppo gestito dall’ex direttore di Roskomnadzor Alexander Zharov – abbia la maggior parte delle azioni con diritti di voto di V Kontakte, il social concorrente russo di Facebook più diffuso tra la popolazione russa (97 milioni di utenti al mese), seguito da Instagram e Odnoklassniki.
Tuttavia, sebbene la propaganda di Putin possa contare su una macchina ben oliata che ha già funzionato in passato, stavolta sono entrati in gioco nuovi elementi: i social network che veicolano messaggi che il Cremlino non può intercettare e gli hacker di Anonymous che stanno alimentando una certa insofferenza all’interno dei palazzi del potere di Mosca. Basti pensare alle quasi 11.000 persone arrestate, dall’invasione russa ad oggi, per aver partecipato a manifestazioni contro la guerra a Mosca, San Pietroburgo e in altre città russe.
Sappiamo bene che la guerra si combatte su diversi fronti e uno di questi è proprio la comunicazione. Sono anche molte le azioni intraprese negli ultimi giorni da Facebook, Twitter, Google e altre grandi piattaforme per moderare i contenuti in tempo reale, eliminare messaggi fuorvianti o palesemente falsi dalla parte russa e vietare a tutti i media statali russi, come Russia Today e Sputnik, di pubblicare contenuti, sponsorizzare e monetizzare sulle loro piattaforme.
La battaglia comunicativa ha già un vincitore
Putin ha bisogno del consenso del suo popolo, soprattutto ora che quasi tutto il mondo sembra averlo isolato. Tuttavia la macchina della propaganda potrebbe non bastare di fronte all’immediatezza del messaggio e all’immagine di Zelensky in mimetica, che tiene viva la resistenza del popolo ucraino e il cui Governo in meno di 120 caratteri riesce ad ottenere il supporto di Elon Musk per garantire una copertura di rete via satellite.
Così, mentre il Presidente ucraino sta costruendo la propria immagine di comandante capace di gestire scenari di crisi, rimanendo un primus inter pares e utilizzando un tono deciso ma caldo, il Presidente russo umilia il capo dei servizi segreti Sergei Naryshkin durante una conferenza stampa a reti unificate per decidere di riconoscere l’indipendenza di Donetsk e Lugansk, confermando la sua reputazione di uomo forte e solo al comando.
Non sappiamo se vincerà sul terreno, ma dal punto di vista della reputazione come leader internazionale sembra stia perdendo la battaglia comunicativa.