Sabato 24 giugno, mentre in molte città del mondo – da Milano a Parigi – sfilavano per le strade carri arcobaleno per celebrare il Pride Month, nelle strade della Russia sfilavano i carri armati. Dalle notizie circolate quel giorno e in quelli a seguire, si direbbe che il clamore dai marciapiedi sia stato lo stesso quando i carri dell’armata Wagner, un gruppo indipendente di mercenari privati di proprietà del comandante Evgenij Prigožin, si sono diretti verso Mosca. Prigožin – detto lo “chef del Cremlino” perché a lungo cuoco di Vladimir Putin – è un imprenditore russo dal variegato portafoglio di attività, tra le quali il business della guerra per conto della Federazione Russa – in particolare nella guerra del Donbass e in Nord-Africa, dove il battaglione Wagner ha svolto numerose missioni.
Ma facciamo il punto su cosa è accaduto lo scorso 24 giugno: lo “chef del Cremlino”, ultimamente impiegato con i suoi uomini in Donbass nella guerra d’Ucraina, ha rivolto le proprie armi contro Putin intenzionato, sembrerebbe, a far dimettere il Ministro della Difesa Sergej Shoigu, ritenuto figura chiave – e dunque responsabile – del conflitto in corso. “Il gruppo Wagner ha deciso che coloro che hanno responsabilità militari per il Paese devono essere fermati” ha dichiarato il comandante mercenario, dopo aver intrapreso una marcia verso la capitale russa. I carri armati della Wagner sono arrivati fino a 200 km da Mosca, senza alcun spargimento di sangue e talvolta perfino acclamati dalla folla. Poi però, in un evento di cui ancora molto è da spiegare, Prigožin ha deciso di fermarsi e ritirare i propri soldati e attualmente si trova in Bielorussia, ospite di Lukashenko – a quanto pare l’artefice dell’interruzione del “golpe”. A distanza di 20 giorni non si sa ancora molto di quanto sia accaduto quel 24 giugno. Quel che è certo – come molti hanno notato – è che si è trattato di un evento epocale. Non a caso, infatti, dopo oltre 48 ore dalla diffusione della notizia, i principali Twitter-trends in Italia erano ancora strettamente connessi all’accaduto e citavano Putin (665K tweet), la Russia (626K), Wagner (579K), Prigozhin (48K) e Mosca (12K).
Menzionare i trend-topic è solo un piccolo esempio per rendere l’idea di quanto il dibattito sia stato articolato, capillare su tutte le principali piattaforme social e ingaggiante anche per la sfera politica italiana. Come FB Bubbles – divisione di FB&Associati specializzata in analisi del dibattito pubblico e strategie di advocacy – abbiamo analizzato i post dei nostri politici e rappresentanti cercando di tirare le somme e dipingere un quadro di quanto sia avvenuto sui loro profili social. L’analisi, svolta su oltre 4.000 rappresentanti ed ex-rappresentanti italiani a più livelli di governo e amministrazione, ha rivelato che circa 56 politici hanno scelto di esporsi sul tema, chi con un 1 solo contenuto (nella maggior parte dei casi) – chi perfino con 9 post solo su Facebook, come Gianluigi Paragone di Italexit. Per quanto in misura abbastanza diversa, tutti i partiti hanno visto esprimere almeno un rappresentante. I gruppi parlamentari che vantano una maggioranza relativa in questo emiciclo immaginario (perché composto sia da onorevoli che da ex rappresentanti ancora però significativi per la politica nostrana) sono il Partito Democratico e il Movimento5Stelle, con 12 rappresentanti per parte, seguono Italia Viva (8), Fratelli d’Italia (6), Lega (5), Azione (4), +Europa e Alleanza Verdi e Sinistra (2) e infine un rappresentante per ciascuno dei seguenti gruppi: Forza Italia, Noi moderati, Italexit, Autonomie e Indipendenti.
Probabilmente per una strategia volta alla cautela, data la complessità dell’argomento da trattare, con evidenza emerge una particolarità: quasi nessun leader, Segretario o Presidente di Partito si è espresso sulla questione. Uniche eccezioni di Matteo Renzi, Carlo Calenda e i vertici di +Europa – Roberto Magi e Benedetto Della Vedova. Secondo il leader di Azione i rischi sono stati superiori alle opportunità per via delle troppe incognite sulla ribellione di Prigozhin, mentre il Presidente di Italia Viva pone il focus su quanto “la mancata telefonata di Biden a Meloni nelle ore della marcia su Mosca della Wagner sia un problema”.
In termini di piattaforme e performance, compatibilmente ai trend e alle preferenze social della politica italiana, il canale più utilizzato è stato Facebook – con circa 50 politici che hanno affidato tutta o parte della loro comunicazione relativa al tentativo di golpe al social network di Zuckerberg – segue Instagram (13), Twitter (7) e YouTube (3). Interessante notare come i contenuti YouTube appartengano tutti ad un format di rubriche periodiche che, nel caso particolare Vincenzo De Luca, Danilo Toninelli e Ivan Scalfarotto, sono volti a fare il punto della situazione politica in Italia e all’estero. Non vi sono, invece, video-contenuti dedicati esclusivamente all’impresa del gruppo Wagner.
Proprio per la loro natura variegata e composita – e probabilmente per la cadenza del format – nella top 3 dei contenuti maggiormente performanti ci sono proprio due dei video YouTube appena menzionati (prima quello di De Luca con circa 5.6K interazioni e poi quello di Toninelli con 4.5K). Al terzo posto troviamo un contenuto di Giulio Terzi, che il 24 giugno su Facebook si mostrava entusiasta e speranzoso in una svolta nella guerra in Ucraina (engagement 2.2K).
Dopo un’analisi di tipo quantitativo, abbiamo esaminato il contenuto dei post pubblicati per scattare, anzitutto, una diapositiva del tone of voice complessivo del dibattito politico. Suddividendo tra positivo, negativo o neutro il mood delle pubblicazioni online, ben 30 dei 56 politici che si sono espressi online hanno mantenuto un atteggiamento equidistante tra le due parti in gioco – rientrando quindi nella categoria “neutro” – 10 sono stati i giudizi tendenzialmente “negativi” nei confronti dell’accaduto e del generale Prigožin e 16 quelli invece “positivi”, dai quali si può evincere un sostegno al tentativo di far cadere il governo di Putin. Tra questi positivi, in alcuni casi il coinvolgimento e il supporto per il generale è stato maggiormente evidente. A titolo esemplificativo, un post di Isabella De Monte, deputata di Azione, che in un post su Facebook definisce l’accaduto una “notizia clamorosa”, concludendo con un augurio per Prigožin: “speriamo vinca la libertà”. Di tutt’altro partito, ma dello stesso avviso è Alessia Ambrosi, deputata di Fratelli d’Italia, che commentando le agenzie di quegli istanti parla di “eccellente notizia”. E infine, un’uscita Facebook dell’Ex-Ministra della difesa Elisabetta Trenta che evidenzia, invece, non solo come l’episodio sia “indicativo di una debolezza del paese della quale si potrebbe approfittare per promuovere trattative di pace”, ma anche “l’amore per il paese” manifestato da Prigožin che ha evitato spargimenti di sangue.
Riguardo invece i diversi partiti, il Movimento 5 Stelle risulta quello con il maggior numero di politici che si sono mostrati scettici davanti al tentativo di golpe (ben 5 su 12), accusando in alcuni casi la NATO e l’Occidente di fomentare inutilmente una guerra civile. L’On. Ettore Licheri scrive in un post: “Non la sconfitta della Russia ma l’eliminazione dell’umanità intera: questo è quello che otterremo se continuiamo con questa linea bellicista, supina e rassegnata, se non avremo il coraggio di affiancare al nostro impegno militare con la Nato un forte impegno diplomatico per una soluzione negoziale del conflitto”. Partito Democratico e Lega sono invece i partiti in cui è netta la maggioranza di posizioni neutrali, in gran parte delle quali ci si è limitati a descrivere l’avvenimento o a esprimere preoccupazione per un’eventuale escalation.
I partiti più atlantisti – Fratelli d’Italia, Azione e Italia Viva – sono anche quelli in cui emergono maggiormente commenti positivi, in alcuni casi esplicitamente a favore dell’azione militare di Prigožin, in altri semplicemente sfatando il mito della solidità al potere di Putin evidenziandone al contrario le attuali debolezze, con conseguente opportunità dell’Europa di giungere più facilmente a una pace.
Elemento piuttosto ricorrente (oltre 7 rappresentati) tra i partiti all’opposizione è l’aver stressato l’esclusione del Governo italiano e della Presidente Meloni dal giro di telefonate che il Presidente Biden ha fatto con gli alleati a seguito della marcia del Gruppo Wagner, esprimendo critiche al Governo, reo di aver favorito quest’esclusione.
Se è vero che la questione del tentato golpe in Russia ha fortemente interessato la comunicazione politica italiana – come mostrano i volumi dei dati social – è altrettanto vero che la complessità dell’argomento, anche in virtù dei protagonisti coinvolti nella vicenda, ha portato i più ad astenersi da un commento e – laddove se ne è parlato – a mantenere un atteggiamento distaccato, quasi come se la ratio dietro le pubblicazioni fosse inserirsi in un trend con contenuti, però, meramente informativo-divulgativi, ossia senza esprimere particolari giudizi di valore nel merito.
Ciononostante, è stato comunque possibile intravedere una continuità con le posizioni finora espresse dai partiti riguardo la guerra in Ucraina e l’imperfetta democrazia che Vladimir Putin governa ormai da oltre vent’anni: un emiciclo e una politica spaccati – in primis sull’opportunità dei rapporti e sulle modalità di intervento – ma concordi nel reclamare la conclusione del conflitto e la ristabilizzazione della pace.