La proposta di regolamento sui servizi digitali: superare realmente l’ultradecennale direttiva sul commercio elettronico?

PERCHE’ UN NUOVO REGOLAMENTO?

Il 27 aprile scorso Parlamento, Commissione e Consiglio Europei hanno approvato la Proposta di Regolamento sui Servizi Digitali (DSA), ovvero un atto volto a regolare il mercato europeo digitale apportando delle modifiche a Direttive ormai datate e ponendo al centro la tutela del consumatore rispetto ai servizi digitali, pur dando una spinta d’insieme alla crescita del comparto digitale.

Questa Proposta di Regolamento ha avuto una gestazione abbastanza rapida (fu annunciata dalla Commissione a Dicembre 2020) e ha rappresentato la sfida del “completamento” del Mercato Unico Digitale poiché si propone, tra gli obiettivi, di ammodernare la Direttiva sul Commercio elettronico del 2000.

Questa revisione della Direttiva sul commercio elettronico avrà un impatto decisivo sulle industrie del settore digitale – in particolare, su aziende come Google, Facebook o YouTube – che operano in UE e anche per gli stessi utenti. L’approccio del Regolamento è proprio quello di porre l’utente al centro del mercato digitale, garantendo maggiori tutele e provando a porre in essere obblighi maggiori per le piattaforme.

Il portato e gli interessi in gioco con questo Regolamento sono notevoli poiché la Proposta di Regolamento va a novellare la Direttiva sul Commercio elettronico che – si noti – fu approvata con lo scopo di far crescere anche in UE le aziende ICT, creando un contesto normativo di estremo favore ed esenzioni di responsabilità per piccole start up che, in un solo ventennio, sono diventati colossi economici, definiti come Over The Top.

La Direttiva sul Commercio Elettronico s’inseriva all’interno del Processo di Lisbona per fare dell’Unione uno dei luoghi e delle legislazioni maggiormente all’avanguardia sul nascente comparto dell’economia digitale.

Per fotografare quanto il settore del web sia cambiato dal 2000 basti ricordare che Facebook non esisteva e che quando Google fu quotata in borsa a Wall Street nel 2004, il titolo aprì a 85 dollari per azione. Nel 2017 le azioni Google valevano più di 1200 dollari, aumentando più di 13 volte di valore.

Nella precedente Legislatura il Parlamento Europeo approvò alcuni provvedimenti che ammodernavano e garantivano maggiori tutele ai titolari dei diritti sul web contro il fenomeno della pirateria online e lo sfruttamento indiscriminato di contenuti: si tratta della Direttiva Copyright (introdotta in Italia con il DLGS 8 novembre 2021, n. 177) e altre due Direttive che hanno reso più moderno il mercato audiovisivo si tratta delle Direttive suo Servizi Media-Audiovisivi (AVMS) e sui Servizi via Cavo (SAT-CAB).

Le tre Direttive del Mercato Unico Digitale furono approvate con grandi sforzi tanto dal Legislatore europeo che da quello nazionale; il processo di adattamento della normativa nazionale a quella europea è terminato lo scorso inverno con un confronto serrato tra diversi interessi.

IL DSA, LE PRINCIPALI NOVITA’

Il Regolamento sui Servizi Digitali prosegue lungo questa direzione, ma interviene in modo più “invasivo” poiché, trattandosi di un Regolamento, sarà immediatamente applicabile e non ci saranno i “tempi supplementari” per il Legislatore nazionale, avendo come conseguenza un negoziato molto complesso e con un serrato “scontro” tra visioni differenti.

Del resto, lo stesso negoziato politico che si è concluso il 27 aprile scorso ha lasciato spazio ad un successivo approfondimento tecnico su alcune parti della Proposta di Regolamento.

Tra le principali novità che saranno introdotte dal Regolamento, in parte in linea con la Direttiva Copyright, vi sono:

  • nuove procedure armonizzate per una rimozione più rapida di contenuti, prodotti o servizi illegali;
  •  la protezione dei diritti degli utenti online e sistemi interni di gestione dei reclami;
  • designazione della nuova figura del “coordinatore dei servizi digitali”.

Il Regolamento approvato stabilisce per le piattaforme online di dimensioni molto grandi la valutazione in modo approfondito tre categorie di rischi sistemici, in particolare quelli sulla rimozione di contenuti illegali e di divieto di pubblicità targettizzata per gli utenti.

IL GOVERNO ITALIANO E IL NEGOZIATO EUROPEO

Con riferimento alla diffusione di contenuti illegali, il Governo italiano ha assunto una posizione netta – in linea con le posizioni assunte con la Direttiva Copyright – quando il Presidente Draghi dichiarò alle Camere che per il Governo “ciò che è illegale offline lo è anche online. Prendendo le mosse da ciò per l’Italia il negoziato è proseguito con alleanze innovative, con Spagna e Austria, e si è riusciti a evitare che lo spirito iniziale della Proposta fosse eccessivamente modificato da spinte pro-piattaforme che avrebbero abbassato obblighi e livello di diligenza delle stesse.

Anche il Parlamento italiano ha seguito i lavori, fornendo nell’estate 2021 un mandato chiaro al Governo sulla Proposta di Regolamento e ha condiviso in pieno le complessità e le sfide che la Proposta di Regolamento pone.

E ADESSO?

Il trilogo che si è concluso a fine aprile lascerà spazio ad un rapido negoziato tecnico e entro fine maggio 2022 il testo approvato dovrebbe essere votato dalla Commissione per il Mercato Interno e la protezione dei Consumatori (IMCO) del Parlamento Europeo, senza possibilità di modifiche, per arrivare a ottobre 2022 alla pubblicazione in Gazzetta.

Il testo del Regolamento verrà, successivamente, recepito direttamente dall’Italia con la Legge di Delegazione Europea senza possibilità di modifiche.

Esiste vecchia regola per cui se una legge scontenta tutti vuol dire che è una buona legge, potrebbe essere il caso del Digital Service Act.

A conclusione dei lavori del triologo, infatti, tanto le Associazioni dei titolari dei diritti quanto quelle delle piattaforme hanno avanzato pretese circa un testo che non li soddisfaceva a pieno e non accoglieva tutte le richieste che avevano avanzato.

La versione finale è certamente un compromesso che avrà delle ricadute positive sui cittadini europei, porterà ad una necessaria maggiore responsabilizzazione delle piattaforme e, infine, la Commissione ha avuto la caparbietà di ridefinire il quadro normativo del mercato digitale europeo a vent’anni di distanza dalla prima Direttiva.