Intelligenza artificiale, la questione etica è un’unica religione

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Dai tempi dell’iniziativa di Hiroshima, passando per il recente G7 tenutosi in Italia, fino alla “Rome Call for AI Ethics” con delegati di 11 religioni mondiali, l’etica nell’intelligenza artificiale (AI) è un dibattito che perdura da decenni e progredisce insieme al progresso tecnologico.
 
Le sfumature di ogni possibile regolamentazione avranno ricadute importanti su questo mondo che, attualmente, sta fiorendo con una serie di applicazioni che hanno raggiunto un pubblico sempre più vasto. 
 
Le disposizioni dei 23 principi di Asilomar del 2017 rappresentarono il punto di partenza fondamentale per il dibattito sulla responsabilità etica nell’uso dell’AI, che vide un gruppo di 2.355 ricercatori ed esperti – assieme a personalità come Stephen Hawking – firmare un manifesto che conteneva i principi per guidare lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale, sviluppando i regolamenti che ne portano il nome.  
 
In un certo senso, la conferenza di Asilomar coincise con l’introduzione del concetto di responsabilità morale in campo scientifico.  
 
Ma se fino a qualche anno fa il dibattito era confinato tra specialisti, ricercatori, regolatori, e ovviamente, sviluppatori di questi sistemi, oggi il tema della potenza, dell’efficacia, della pervasività dell’uso dell’Intelligenza artificiale si sta diffondendo a livello dei principali media e di opinione pubblica di massa, coinvolgendo istituzioni pubbliche ma anche religiose. 
 
La chiamata per un nuovo umanesimo digitale andava proprio nella direzione di coinvolgere istituzioni, anche religiose, e aziende private nell’individuazione di principi comuni per dare rappresentanza alla sensibilità morale della collettività. Non solo ex post, nella fase di utilizzo di questa tecnologia, ma ex ante, a partire cioè dalla loro ideazione e progettazione. 
 
In tal senso, a febbraio 2020, in occasione dell’incontro “AI Ethics: An Abrahamic commitment to the Rome Call“, i rappresentanti delle tre religioni abramitiche – Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita il rabbino capo Eliezer Simha Weisz (membro del Consiglio del Gran Rabbinato di Israele) e lo sceicco Abdallah bin Bayyah (presidente del Forum per la Pace di Abu Dhabi e presidente del Consiglio emiratino per la Sharia Fatwa) – hanno sottoscritto assieme a  Microsoft, IBM e FAO la Rome Call for AI Ethics, un documento nato in seno alla Pontificia Accademia per la Vita e curato dalla Fondazione RenAIssance per promuovere una cosiddetta “algoretica”, ossia un nuovo grande capitolo dell’etica teso a promuovere lo sviluppo etico dell’intelligenza artificiale.
  
Per la prima volta il dibattito si è, quindi, aperto con un canale di dialogo tra le religioni monoteiste per verificare se, ed in che modo, si potesse convergere su una visione della tecnologia al servizio di tutta l’umanità.  
  
Da un punto di vista temporale, l’interesse della Chiesa e dei pontefici per questi sviluppi tecnologici è, in realtà, relativamente recente e in linea con gli altrettanto recenti progressi stessi dell’IA: papa Giovanni Paolo II, ad esempio, metteva in guardia da possibili fenomeni di disoccupazioni di massa dovuti agli sviluppi vorticosi della tecnologia, pur in un’ottica positiva rispetto al cambiamento e alla possibilità dell’uomo di governarlo da protagonista. Papa Francesco ha invece ribadito come indispensabile e non procrastinabile la definizione di limiti che contingentino i possibili abusi di questa nuova frontiera dell’umanità, non trascurando la nuova e più urgente necessità etica, anzi, “algoretica” – prendendo a prestito un neologismo coniato dallo studioso francescano Paolo Benanti, consigliere del Pontefice sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica e presidente della Commissione sull’intelligenza artificiale per l’informazione, organo istituito recentemente dal dipartimento per l’informazione e l’editoria del governo italiano. 
 
Nel corso dell’ultimo anno il dibattito si è fatto sempre più acceso, a partire dal “Processo di Hiroshima”, avviato l’anno scorso dalla presidenza giapponese con l’introduzione di un codice etico volontario per le aziende e le istituzioni pubbliche che utilizzano questa tecnologia, che ha dettato la linea per i lavori del G7 a presidenza italiana. 
 
È questo il senso ultimo della “Dichiarazione di Trento”, sottoscritta il 15 marzo 2024 nel capoluogo trentino dai ministri del G7 di industria, tecnologia e digitale: 62 articoli e quattro allegati per l’implementazione del Processo di Hiroshima, che confermano come prioritaria la necessità che l’IA venga sviluppata e utilizzata in modo etico e in linea con i principi e i valori che sono alla base delle nostre democrazie, per il bene dei cittadini e per la coesione, la resilienza, il welfare e il benessere delle società ed economie. 
 
La successiva partecipazione di Papa Francesco al G7 di Borgo Egnazia a giugno è stato un evento carico di significato perché ha spinto un passo più in là il percorso inaugurato mezzo secolo fa, nel 1965, da Paolo VI, il primo pontefice a intervenire in un’assemblea generale dell’Onu, a cui sono seguiti gli interventi di Giovanni Paolo Il, Benedetto XXI e infine dello stesso Francesco.  
 
Quasi tutti gli attori in campo concordano sul fatto che l’AI sia una risorsa di grande potenzialità per l’uomo ma la cui guida deve essere saldamente in mani umane, deve seguire principi etici condivisi, avere come fine ultimo il benessere generale coniugato alla libertà – essere improntata all’equità – avere adeguate norme di regolamentazione, salvaguardando i più vulnerabili e impedendo forme di discriminazione. In queste aspirazioni c’è concordanza assoluta, tra Chiese e organismi civili. 
 
Proprio lo scorso 9 e 10 luglio, undici religioni del mondo, sedici nuovi firmatari, tredici nazioni presenti, con oltre 150 partecipanti, hanno assistito all’AI Ethics for Peace, lo storico evento multireligioso tenutosi a Hiroshima, in Giappone. L’evento è stato salutato dal Santo Padre Francesco con un tweet e un messaggio dedicato, nel quale si legge: “Includere nel governo delle intelligenze artificiali le ricchezze culturali dei popoli e delle religioni è una chiave strategica per il successo del vostro impegno per una saggia gestione dell’innovazione tecnologica”. 
 
Leader religiosi in rappresentanza di varie religioni del mondo orientale (buddhismo, induismo, zoroastrismo, Bahá’í e molte altre), accompagnati dai leader delle religioni abramitiche (cristiani, ebrei e musulmani), hanno firmato così la Rome Call for AI Ethics nella suggestiva cornice del Peace Memorial Park di Hiroshima. 
 
Secondo quanto riportato dal Pew Research Center, l’85% della popolazione mondiale si riconosce in una tradizione religiosa: questo dato rende, secondo la Santa Sede, la piattaforma della Rome Call rappresentativa della maggior parte delle persone sul pianeta.   
 
Ciò che è certo è che la riunione di Hiroshima è un evento da non sottovalutare. L’adesione di tanti leader religiosi di diverse fedi sottolinea non solo l’importanza universale di garantire che l’innovazione tecnologica sia guidata da principi etici, ma anche che si possono individuare, pur nelle mille sfaccettature culturali, sociali e religiose, dei principi etici condivisi a livello globale che passano in primis per il rispetto della dignità umana e, più in generale, per la protezione del nostro pianeta.