Il voto in Spagna e la presidenza spagnola

Il voto in Spagna e la presidenza spagnola

Le elezioni anticipate

Lo scorso 29 maggio, a seguito dei deludenti risultati ottenuti alle elezioni municipali e regionali, durante le quali i candidati delle forze di opposizione (su tutti i rappresentanti del Partido Popular, PP, e i sovranisti di Vox) hanno, nella maggior parte dei casi, prevalso su quelli sostenuti dai partiti di maggioranza, Pedro Sánchez, capo del governo e leader del Partido Socialista Obrero Español (PSOE), ha scelto di anticipare al 23 luglio le elezioni generali, previste inizialmente per il mese di dicembre. A motivare la mossa di Sánchez – definita un azzardo da buona parte della stampa internazionale tanto da valergli il soprannome di gambler – sono stati in particolare tre obiettivi: (i)porre un freno all’ascesa nei consensi dei partiti di centrodestra che, in continua crescita a discapito dei partiti di maggioranza, a dicembre avrebbero potuto beneficiare, secondo alcune ipotesi, di una maggioranza consistente, (ii) costringere i partiti a scoprire le carte sulle possibili alleanze, (iii) sfruttare gli effetti di uno scenario macroeconomico che per la Spagna, nonostante il difficile quadro internazionale, risulta essere nel complesso positivo(1). Il leader socialista ha provato dunque a capitalizzare, per tempo, un possibile consenso che, a dicembre, avrebbe rischiato di essere più ridotto. Il tutto alla vigilia della presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione europea.

Lo scenario politico degli ultimi anni

Dai risultati ancora non è chiaro se il risultato delle elezioni spagnole 2023 porterà ad un accordo per una maggioranza in grado di sostenere un nuovo Governo. Ripercorrendo a ritroso la recente scena politica spagnola, tuttavia, è giusto sottolineare come un immediato ritorno alle urne non rappresenterebbe un unicum nella storia recente. Circoscrivendo lo sguardo a questo decennio, le ultime quattro elezioni generali, tenutesi nel 2015, 2016 e due volte nel 2019, sono avvenute in un lasso di tempo molto ristretto e sia l’elezione del 2016, sia la seconda del 2019 hanno seguito di pochi mesi la tornata precedente, proprio per il mancato accordo tra le forze politiche sulla formazione di un Governo.

Analizzando le quattro elezioni che hanno preceduto le generali del 2023, gli unici partiti sempre presenti sono il PP e il PSOE, quest’ultimo sempre guidato dall’attuale leader Pedro Sánchez. Tra i popolari si sono susseguiti invece più uomini alla guida del partito, da Mariano Rajoy, due volte Presidente del Governo, a Pablo Casado, fino ad arrivare alla leadership attuale di Alberto Núñez Feijóo; se Rajoy è stato l’ultimo Presidente di un Esecutivo guidato dal PP, Casado nel 2019 ha raccolto i due peggiori risultati elettorali alle elezioni generali della storia del partito dalla sua fondazione (1989). Più dinamica risulta invece essere lo scenario degli altri partiti. A sinistra Podemos, realtà radicale fondata dall’ex Vicepresidente del Governo Pablo Iglesias e colonna portante dell’Esecutivo di Sánchez, è confluita nella coalizione di Sumar, guidata dall’omonimo partito fondato nel 2022 da Yolanda Díaz, attuale Ministro del lavoro eletta proprio con Podemos. Di posizione

Il partito liberale centrista Ciudadanos (CS), spesso alleato dei popolari a livello locale, si è invece sgretolato negli anni, fino al ritiro dalla politica dello storico leader Albert Rivera (2019) e alla decisione di non candidarsi alle elezioni del 2023. Si è invece irrobustita nel corso delle tornate elettorali la posizione di VOX, partito di destra conservatrice che come il suo leader, Santiago Abascal, proviene da una costola del PP. VOX, dopo aver raccolto lo 0,2% alle elezioni del 2015 e del 2016, è progressivamente cresciuto nel consenso superando il 10% ad entrambe le elezioni del 2019, affermandosi nel secondo appuntamento elettorale di quell’anno come la terza forza parlamentare. Infine il sistema elettorale spagnolo, che assegna i seggi secondo un sistema proporzionale D’Hondt calcolato su base circoscrizionale, permette il sussistere di molte realtà politiche locali (anche legate a spinte autonomiste) che, a seconda del contesto, dell’affluenza e del determinato periodo storico, possono essere determinanti pe r la nascita o il proseguo di un Esecutivo.

Di seguito una tabella riassuntiva con i risultati delle quattro principali forze politiche di di ognuna delle tornate citate.

Analisi del voto e scenari

Il risultato delle elezioni tenutesi lo scorso 23 luglio restituisce un quadro politico in chiaroscuro. A dispetto del successo dei popolari (+ 12,2%) e della buona performance dei socialisti (+3,7%), potrebbe, come anticipato, rendersi necessario il ritorno alle urne. Le rispettive coalizioni pagano, infatti, i risultati negativi dei junior partner: la destra di Vox tradisce le aspettative e registra un calo del 2,7% mentre la sinistra di Sumar segna una flessione del 3%.

Quando il 17 agosto si insedierà il Congresso e Re Felipe VI conferirà l’incarico di formazione del nuovo Governo, il premier designato dovrà cercare in prima battuta la maggioranza assoluta (176 deputati) e in caso di fallimento la maggioranza semplice. Ove in quest’ultimo caso il meccanismo delle astensioni impedisca anche la nascita di un governo di “minoranza”, andranno inevitabilmente indette nuove elezioni, con ogni probabilità tra dicembre ’23 e gennaio ’24.

Un governo di unità nazionale PP/PSE ad oggi appare infatti un’ipotesi di scuola, data la polarizzazione della dialettica politica imposta dall’ascesa di Vox mentre un governo di minoranza, a guida socialista con le principali formazioni regionaliste e nazionaliste, ha quale punto di contraddizione i catalani di Junts. Il partito di Carles Puigdemont, su cui pende un mandato di cattura, potrebbe porre, quali condizioni per aiutare i socialisti, l’amnistia per l’ex Presidente della Regione e il referendum per l’autodeterminazione catalana. Le settimane che seguono saranno, quindi, decisive per conoscere l’esito della complessa trattativa in corso. Improbabile appare essere, infine, anche quella che i sondaggi consideravano, prima delle elezioni, l’ipotesi più accreditata, ovvero un esecutivo guidato dal Partido Popular, in autonomia o con l’appoggio di Vox. Tale maggioranza necessiterebbe oggi, infatti, del sostegno di alcuni partiti regionalisti e nazionalisti, spesso caratterizzati da una spinta autonomista fortemente in contrasto con la natura nazionalista di Vox.

La presidenza spagnola del Consiglio dell’UE

Lo scenario elettorale spagnolo si incastra anche all’interno delle dinamiche di potere europee. Infatti, lo scorso 1° luglio, appena tre settimane prima del voto, la Spagna ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione europea.In questo ruolo, fino al prossimo 31 dicembre, avrà, tra gli altri, il compito di portare avanti i lavori del Consiglio sulla normativa dell’Unione europea, garantire la continuità dell’agenda dell’UE, promuovere una buona cooperazione tra tutti gli Stati membri e rappresentare il Consiglio nelle relazioni con le altre istituzioni, in particolare con la Commissione ed il Parlamento europeo.

A seguito della decisione di indire elezioni anticipate, la presidenza spagnola ha dovuto confrontarsi con uno scenario che, pur non rappresentando un unicum nel panorama UE (già la Francia nell’aprile del 2022 aveva affrontato le elezioni presidenziali durante il proprio semestre di presidenza), anche dopo gli esiti della tornata elettorale, continua ad essere interessato da un dilemma di particolare importanza: quanto efficace sarà la presidenza spagnola nella sua capacità di concludere (o comunque fare avanzare) dossier legislativi di grande rilievo nell’agenda della UE? Il dubbio non è di poco conto ancor di più se si considera che il contesto temporale attuale imporrebbe di procedere celermente. Il prossimo anno, a giugno, si svolgeranno le elezioni europee ed il tempo a disposizione delle Istituzioni per negoziare e concludere accordi sarà molto limitato, oltre a coincidere con un periodo di intensa campagna elettorale. Ed anche se temi e priorità della presidenza non cambieranno e Sanchez, qualora dovesse rimanere alla guida del Governo per la gestione degli affari correnti, avrà la possibilità di continuare ad implementare la sua agenda, l’attenzione della Spagna potrebbe essere focalizzata sulle questioni interne e la presidenza mancare di una leadership politica forte necessaria per agevolare il consenso sui grandi dossier dell’UE.

L’elenco dei temi è lungo e corposo: la revisione del mercato europeo dell’elettricità, il tentativo di regolamentare l’intelligenza artificiale, i file legislativi relativi al Fit for 55, il Piano Industriale del Green Deal per rafforzare la competitività dell’industria europea, favorire la transizione verde e guidare la rivoluzione delle tecnologie pulite, solo per citarne alcuni.

(1) I livelli di disoccupazione e di inflazione sono tra i più bassi d’Europa e l’economia è in crescita, come confermato anche dallo Spring 2023 Economic Forecast della Commissione europea e dal World Economic Outlook 2023 del FMI che ha segnato una forte previsione al rialzo.