Il risvolto social della crisi di Governo

Crisi di governo, social media e agenda politica

Il dibattito mediatico degli ultimi 30 giorni è stato contrassegnato dalla crescente attenzione rivolta alla crisi di governo. Un trend che – specularmente – si andato affermando anche sui social media, dove la issue crisi di governo domina le conversazioni online da parte dell’establishment politico italiano.

I punti chiave:

  • Strategie comunicative differenti tra Conte e Renzi, impronta personale e tone of voice quasi opposti:
    • Conte prudente e poco esposto sulla crisi;
    • Renzi attivo e consapevole della reattività della propria community;
  • Forte l’influenza dei social nell’opinione pubblica, terreno di scontro e di gioco, i media rincorrono quanto dettato dai leader sui rispettivi canali;
  • I social, se ben sfruttati, si confermano straordinario strumento di engagement ed amplificazione di posizioni istituzionalmente minoritarie, come quella di Italia Viva.

FB Bubbles – la divisione specializzata di FB&Associati che si occupa di analisi del dibattito e sviluppo di strategie di advocacy e reputazione – ha ricostruito i trend delle conversazioni social degli ultimi 30 giorni in merito al tema crisi di governo, analizzando il comportamento che i due protagonisti di questa vicenda – l’ex rottamatore e leader di Italia Viva, Renzi, e il presidente del Consiglio, Conte – hanno tenuto sui social e come le rispettive community di riferimento si sono comportate e hanno reagito alle loro azioni.

La crisi di governo

Se il casus belli iniziale, per Renzi, poteva rintracciarsi nella famigerata cabina di regia per il Recovery Plan, attraverso la quale il presidente del Consiglio avrebbe esautorato il Governo stesso, l’amministrazione dello Stato e il Parlamento, con il passare delle settimane il cahiers de doléances renziano si è arricchito di nuove richieste. Dalla delega governativa ai servizi segreti, passando per la struttura per la sicurezza cibernetica, fino ad arrivare al Fondo salva-Stati «sanitario». Uno scontento, che è stato preludio del “ritiro” delle Ministre di Italia Viva dal Governo e, quindi, della vera e propria crisi governativa, ancora in corso.

Renzi vs Conte

Da un’analisi dei contenuti social emerge una differenza di fondo nell’approccio comunicativo adottato dai protagonisti di questa crisi: quello di Conte è, infatti, a difesa del suo operato e di quello del suo esecutivo, mentre quello di Renzi è all’attacco di quelle che ritiene essere pessime pratiche di governo. Altre differenze possono identificarsi in termini di ratio strategica e impronta personale.

Le community a disposizione dei due leader risultano peraltro particolarmente consistenti e reattive:

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in linea con il modus operandi fino ad ora adottato, ha mostrato prudenza, limitando la sua esposizione sul tema e sulle sue possibili soluzioni. Nel complesso, infatti, i contenuti sulla issue condivisi nell’ultimo mese attraverso i profili del Presidente sono cinque, quattro su Facebook e uno su Instagram: caratterizzati da toni pacati, non recano mai le parole “crisi di governo”. Chiara è la mission: condividere il messaggio che “l’operoso silenzio viene preferito alle parole” allo scopo di lavorare sempre per “rafforzare la coesione delle forze di maggioranza e la solidità della squadra di governo, premesse senza le quali diventa arduo perseguire obiettivi che non consentono distrazioni”. Il fil rouge delle uscite social, e non, del Presidente è rimarcare la propria disponibilitàad ascoltare proposte e critiche laddove costruttive nell’interesse più alto di una tenuta di governo che garantisca la stabilità del Paese”.

A differenza del limitato ricorso ai social di Conte, il leader di Italia Viva utilizza a pieno tutti i canali per far valere le proprie opinioni e premere sull’opinione pubblica. Con oltre trenta post tra Facebook, Instagram e Twitter, nell’ultimo mese Matteo Renzi ha sfruttato la corposa community di sostenitori costruita durante il suo percorso politico per dare visibilità e garantire un impatto forte alle ragioni per cui, in primis lui e poi il partito, hanno suscitato una crisi di governo. Renzi punta quindi il dito sull’incertezza in materia di Fondo salva-Stati, sostenendo che “la crisi la fa chi prende i responsabili per il governo e non prende il Mes”, e sull’elaborazione del Recovery Plan, rimarcando che “quando un Paese può spendere 209 miliardi non si organizzano task force cui dare poteri sostitutivi rispetto al Governo”. Elemento caratterizzante del tone of voice dei suoi contenuti è la difesa, aperta e incondizionata, dell’operato del partito, twittandoa chi chiede come si fa a aprire una crisi di governo con tutti questi morti, io rispondo: davanti a tutti questi morti, noi non vogliamo più ministeri, vogliamo più soldi per la sanità”. Ad essere difesa è anche la ratio su cui posa la decisione di uscire dal Governo. Per Renzi infatti, come scrive su Twitter, non c’è “nessuna richiesta di poltrone, nessuna polemica pretestuosa, e nessun atto irresponsabile – perché – ciò che viene fatto si chiama politica”.

La fotografia della crisi riproduce un quadro politico fortemente diviso, tanto a livello istituzionale quanto sui social, caratterizzato da un ostracismo ad ora compatto nei confronti dei renziani. Se infatti maggioranza e opposizione si mostrano contrari alla scelta di Renzi, gli esponenti di Italia Viva rivelano, per lo meno a parole, unità e coerenza di obiettivi. Questo accade sia in sede parlamentare, con il capogruppo di IV in Senato Davide Faraone che dichiara i membri del partito “serenamente disposti ad andare all’opposizione perché non intenzionati a mandare il cervello all’ammasso per occupare la seggiola al ministero”; che in sede ministeriale, come dimostra la condivisione su Facebook, da parte di Elena Bonetti, di una propria intervista in cui si dice eventualmente pronta a lasciare il proprio dicastero perché nonè “concepibile chiudere gli occhi davanti a provvedimenti da approvare senza averli prima conosciuti e condivisi”. Come prevedibile, guardando ai numeri, Italia Viva è il partito che, con oltre trecento contenuti, più di ogni altro ha saputo sfruttare strategicamente i social media come veicolo per le proprie istanze e cassa di risonanza di un sentiment minoritario.

Le contromosse degli (ex) alleati

Al netto dei renziani, sui social prevalgono i toni critici, più o meno accesi, nei confronti di Italia Viva e il sostegno al Presidente del Consiglio. Tra i pentastellati spicca Alessandro Di Battista per le critiche rivolte a Matteo Renzi, definitol’anti-italiano per eccellenza” e “leader di un partitino del 2% creato solo per gestione di potere che ha aperto una crisi esclusivamente per buttare giù l’attuale Presidente del Consiglio”. Più moderati i toni delle uscite social del Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che sostiene sia “folle perdere le giornate a parlare di una pseudo crisi di governo (…) che non serve al Paese”, ribadendo l’importanza di dar corso agli impegni istituzionali sottolineando come “i politici siano pagati per lavorare, non per litigare”. Il punto di vista dem è invece riassunto nelle parole del segretario Nicola Zingaretti che qualifica la decisione di Italia Viva come “un errore gravissimo contro l’Italia” per poi aggiungere che “le conflittualità all’interno della maggioranza possono arrecare danni all’azione di governo e alle condizioni di vita del Paese”.

L’opposizione

L’opposizione si mostra compatta tanto nel condannare l’operato del Governo Conte e dell’ex Presidente del Consiglio, Renzi, quanto nel dichiarare la propria indisponibilità a sostenere un governo di sinistra.

Di seguito un grafico raffigurativo del numero di post pubblicati sulla issue “crisi di governo” dalle principali forze politiche nell’arco degli ultimi 30 giorni.

Particolarmente prolifero è il dibattito generato da Forza Italia: secondo Mara Carfagnaall’origine della crisi del Conte II c’è la scelta di escludere l’opposizione dal tavolo della crisi”, mentre Renato Brunetta ritiene sia giunto il tempo di concludere “la stucchevole partita a poker di Renzi-Conte – perché – questa crisi innescata da irresponsabili rischia di far perdere un’occasione storica di rilanciare il Paese”. Numerosi sono anche gli esponenti della Lega che si sono espressi sul tema, ma senza dubbio un ruolo di spicco spetta a Matteo Salvini che, a nome del centrodestra nella sua interezza, sottolinea la necessità per Conte di prendere “atto della crisi” e dimettersi o, diversamente, di presentarsi “in Parlamento per chiedere un voto di fiducia”. In qualità di leader del Carroccio, Salvini ribadisce che la Lega “aveva messo in guardia il Paese – da – una maggioranza unita solo dalla difesa della poltrona, che avrebbe litigato su tutto” e in diversi contenuti propone, in maniera più o meno esplicita, di andare alle elezioni. Un appello diretto affinché il leader dell’esecutivo fornisca chiarimenti viene dal Capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, che su Facebook chiede a “Conte di recarsi in aula a spiegare la crisi di governo”. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, utilizza i propri canali social (Facebook, Twitter, Instagram e Telegram) per condividere la raccolta firme volta a sfiduciare il governo, ironizzare sull’incertezza della maggioranza anche in occasione della crisi di governo e screditare, infine, i pentastellati “attaccati alle poltrone”.

Allo stato attuale è ancora incerto il futuro del Governo e con esso la declinazione che prenderà questa crisi istituzionale anche a livello mediatico. È tuttavia indubbio che il dibattito sui social mostri un forte dinamismo tra chi si chiede perché scatenare una crisi di governo, in piena emergenza sanitaria economica e sociale, chi sposa il dissenso e chi, forse pretestuosamente, cerca un nuovo spazio politico per inserirsi.

Dall’esame social di questa crisi emerge con chiarezza quanto sia strategico il ricorso della politica ai social network, divenuti ormai il principale canale di comunicazione diretta con l’opinione pubblica, e le potenzialità che questi strumenti offrono per dare rilievo e visibilità anche a posizioni minoritarie, come nel caso di Renzi e Italia Viva.