Parola agli studenti

FB&Associati lancia una nuova sezione del proprio sito interamente dedicata al Master in Lobbying e Advocacy
Rimani aggiornato sulle attività del Master e su tutte le novità

A quattro mesi dall’inizio del Master in Lobbying e Advocacy realizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza in collaborazione con FB&Associati, abbiamo voluto chiedere ai nostri studenti un loro commento sui temi affrontati da Fabio Bistoncini nel primo modulo dedicato alla Storia del Lobbying.

#1 Massimo Riccio
Sono grato al Master per i contenuti teorico-pratici oggetto della formazione, vero backbone fornito sinora da FB che mi sarà utile per impostare ed attuare una solida strategia di rappresentanza degli interessi. Ho compreso quanto sia importante conoscere a fondo l’interesse rappresentato, identificare l’obiettivo da perseguire, la issue sulla quale intervenire e la sua “salienza politica” ossia la rilevanza del tema nell’arena di policy e anche al di fuori. Altrettanto rilevante sono apparsi: il tema della conoscenza approfondita del percorso decisionale e di tutti gli attori in esso coinvolti, attori istituzionali e non; le attività preparatorie da svolgere con grande cura per costruire una strategia di lobbying efficace ivi inclusa la selezione degli strumenti da attuare in concreto per raggiungere l’obiettivo”

 #2 Luca Schintu
Concretezza e negoziabilità rappresentano appieno l’efficacia di un’azione collettiva. Forse, tra queste due opzioni, se ne potrebbe inserire una terza, l’omogeneità: tre presupposti fondamentali per una piena efficacia dell’azione di lobbying. La natura “primordiale” dei gruppi di interesse, infatti, risponde ad una esigenza di incontro tra interessi particolari e attività del decisore pubblico.
In Italia, da relativamente poco tempo, abbiamo assistito ad uno sviluppo esponenziale dei gruppi di interesse. Un esempio lampante lo si ebbe con il politologo americano Joseph La Palombara, che giunto in Italia negli anni Sessanta, rimase sorpreso dall’assenza di gruppi di interesse, perché, a suo dire, era inimmaginabile che in un Paese con un’importante storia politica e culturale come l’Italia, non esistesse una cultura presente e radicata dei gruppi già citati.
Ma cosa è davvero il lobbying? Per usare le parole di Fabio Bistoncini, è un processo di attività consapevole realizzato nel tempo, da un soggetto rappresentativo di un interesse socialmente legittimato, volto a influenzare gli orientamenti delle scelte del decisore pubblico e dei suoi influenti. Quindi, dove c’è potere c’è influenza. Il giurista e politologo tedesco Carl Schmitt sosteneva che al di fuori della stanza in cui si prende una certa decisione, si vedrà sempre la presenza di un’altra stanza: quella delle influenze. L’attività di lobbying è perciò inevitabile

#3 Irene Zanini
Il lobbying è un fenomeno tanto affascinante quanto complesso. È stato affascinante apprendere come sia antica l’evoluzione dei gruppi di interesse nonché conoscere le diverse dinamiche che hanno caratterizzato il sorgere dell’attività di lobbying negli Stati Uniti fin dal 1600.  Attraverso l’analisi della storia della rappresentanza politica in Italia abbiamo appreso i motivi per i quali l’attività di lobbying non ha avuto nei decenni passati la rilevanza che ha avuto in altri Stati e gli altrettanti motivi che ne stanno adesso decretando l’ascesa.
Un aspetto sicuramente interessante del lavoro del lobbista è la centralità del ruolo che la psicologia gioca nella pianificazione di una strategia di successo.

#4 Giulia Zanzottera
Tra le molte cose che ho trovato interessanti e utili nel percorso finora compiuto, mi ha particolarmente affascinato scoprire come l’Italia sia un sistema in cui, a causa delle alte barriere create dai partiti per l’accesso all’arena di policy, i gruppi di interesse non riescono ad essere influenti. Ho compreso così che oggi molte nuove issue, non trovando decisori pronti ad affrontarle, esaltino il valore aggiunto che il lobbista può portare all’intero processo decisionale, divenendo interlocutore e traduttore della realtà spesso molto complesse. Le Case History affrontate in aula si sono rivelate assai utili per comprendere l’ampiezza dell’attività del lobbista, fatta di analisi puntuale di tutti i fattori in gioco e di strategie che si adattano costantemente alla realtà. È stato interessante altresì capire che l’attività del lobbista si concretizza nella sintesi di diverse posizioni che ruotano attorno ad una issue per raggiungere un obiettivo realizzabile”.

#5 Angelo Melchionna
Quando mi sono iscritto a questo master, una delle mie curiosità era capire in che modo i relatori avrebbero sdoganato tutti i pregiudizi e stereotipi negativi che agli occhi dell’opinione pubblica circondano il mondo del lobbismo. Le lezioni di “Storia del lobbying” vanno a sfatare proprio alcuni di questi miti. Il più comune è che il lobbying sia uno strumento di pressione ad appannaggio esclusivo di pochi e potenti soggetti disposti a tutto per destabilizzare il potere legislativo al fine di conseguire i propri fini.
Precisiamo che il lobbying è un processo non esclusivo: non esistono criteri aprioristici che permettono ad un gruppo d’interesse di partecipare all’arena di policy e di escluderne un altro; né tanto meno specifiche caratteristiche che assicurano il successo di un gruppo su un altro nell’influenzare il decisore. Insomma, non è un’attività privilegiata solo per “perfide multinazionali miliardarie” e non è detto, nel caso, che le istanze di queste prevalgano rispetto a soggetti finanziariamente meno attrezzati.
A far la differenza sono spesso qualità che troviamo in tanti altri settori: competenza, studio e una buona strategia, sicuramente. Poi lungi dall’essere pauperisti, quindi le risorse economiche non guastano mai, ma, a seconda delle fattispecie, sono tanti altri i fattori che potrebbero essere determinanti: rappresentare una membership attiva e numerosa, un interesse pubblico, un’istanza simbolica. Ma non solo. Lo scenario in cui si instaura il processo di lobbying è in continua evoluzione e mutamento in base al tempo e al luogo: esistono interessi locali e interessi che assumono o perdono valore in base ai periodi.
Il processo di lobbying non “destabilizza” il legislatore nella decisione. Senza scomodare Kennedy, è risaputo, e per certi versi anche normale, che la politica debba regolare fenomeni che spesso ignora; il lobbista può essere la figura utile al decisore al fine di assumere informazioni e garantire una legislazione qualitativamente migliore.
Per garantire l’imparzialità dell’amministrazione pubblica, citata all’art. 97 della nostra Costituzione, è necessario che il decisore ascolti tutti i portatori di interesse particolari e non solo, come scriveva Joseph La Palombara analizzando il sistema politico italiano del secondo dopoguerra, quelli a lui legati da rapporti di clientela o parentela.
In ultimo è vero, il lobbista persegue fini spesso parziali, ma lo fa perché la politica influisce su quegli interessi, cosa che viene spesso dimenticata soprattutto in Italia, dove si pensa che la politica e le leggi non debbano fare l’interesse di nessuno”.