DDL Concorrenza e Concessioni Balneari. L’Ultima spiaggia di una legislatura che volge al termine.

Con uno spettacolare numero di equilibrismo politico e grazie all’ormai noto piglio decisionista, il Presidente del Consiglio Draghi ha portato a casa l’approvazione in I lettura di una delle più importanti riforme connesse all’erogazione delle risorse del PNRR, il DDL Concorrenza, provvedimento che sulla carta dovrebbe avere cadenza annuale ma che, nei fatti, prima d’ora, è stato approvato una sola volta (nel 2017), dopo più di due anni di gestazione parlamentare. L’attuale Governo, d’altro canto, ha investito molto sul provvedimento, dal momento che esso è indicato nel Piano di Ripresa italiano quale riforma “abilitante” per il rilancio dell’economia, toccando, conseguentemente, settori strategici per il Paese, quali i servizi pubblici locali, la distribuzione energetica, farmaci e sanità, trasporti e telecomunicazioni, oltre che misure volte alla risoluzione dell’annosa questione delle concessioni, in primis quelle balneari.  In Italia la concorrenza è un tema sensibile e che scatena polemiche e rivendicazioni. Dalle “lenzuolate” di Bersani – allora Ministro dell’Industria – qualsiasi tentativo di intervento ad una maggiore apertura concorrenziale in settori storicamente garantiti ha scatenato polemiche che quasi sempre si sono risolte in un nulla di fatto.

La discussione sul DDL Concorrenza ha visto sul tema delle concessioni balneari un momento di acceso dibattito all’interno della maggioranza e nell’opinione pubblica, rallentando fortemente l’iter del provvedimento fino a costringere Draghi a intervenire con durezza – non passata inosservata online con quasi 8 mila menzioni in pochi giorni –  e a convocare un Consiglio dei ministri straordinario in cui ha “strigliato” i partiti di maggioranza, ricordando come l’approvazione del testo sia prevista quale condizione necessaria della ricezione dei fondi, da parte dell’Unione Europea, nell’ambito del PNRR.

Solo così, il provvedimento ha visto una celere approvazione in Senato, che – nonostante le polemiche della “lobby dei balneari” – ha chiuso una complessa I lettura di modifica, lasciando però alla Camera l’esame di ulteriori spinosi temi, tra cui TPL, NCC e taxi, telecomunicazioni, RC auto, sui quali sono prevedibili ulteriori scontri. I tempi non perdonano però, perché il provvedimento impone una chiusura entro la metà di luglio se il Governo davvero intende rimanere nei tempi concordati con Bruxelles.

Quanto avvenuto conferma il trend che vede nella concretezza unita al low profile comunicativo del Presidente del Consiglio la più grande garanzia di stabilità in un momento di forte crisi socioeconomica come quello attuale. È ragionevole pensare che in assenza di Mario Draghi, sul DDL Concorrenza avremmo assistito a scioperi e blocchi di settori, con posizioni nette ed evidenti da parte della politica e dei partiti.  Lo stile e il metodo Draghi influenzano non solo il dibattitto interno alle istituzioni, ma sconfina con influenze importanti nel dibattito pubblico tout court.

La necessità di ottenere i fondi del PNRR, le tensioni geopolitiche e la morsa della crisi economica, non consentono sconti. Bisogna agire e va fatto in fretta, ma in politica questo genera inevitabilmente sofferenze.

Quando Draghi terminerà il suo mandato, cosa possiamo aspettarci? Un ritorno al passato? O la continua emergenza – pandemia, guerra, crisi – segna un punto di non ritorno nel modus operandi di Governo e Parlamento?

FB Bubbles – divisione di FB&Associati specializzata in strategie di advocacy e analisi del dibattito pubblico – ha preso in analisi la discussione sviluppatasi su Concorrenza e Balneari nelle arene social e nei consessi istituzionali, indagando come si sono mossi gli attori – lobby, politica e società civile. L’obiettivo è di provare a delineare trend e tendenze che segneranno i prossimi mesi, inevitabilmente elettorali e con una politica sempre più affaticata nel suo agire.

Il dibattito politico e social sulle concessioni balneari

Nell’arco degli ultimi tre mesi il DDL Concorrenza, vista la sua importanza e la connessione al PNRR, ha da subito conquistato i riflettori, tanto del dibattito politico quanto dell’opinione pubblica, ricevendo oltre 28 mila menzioni in rete – tra articoli online, pezzi di blog, contenuti di siti di news e uscite sui social network – per un volume di engagement pari quasi a 183 mila interazioni tra condivisioni, commenti, like e visualizzazioni.

Contestualmente, a livello parlamentare, sono stati presentati più di 800 emendamenti e, in particolare, sono stati oltre 260 i subemendamenti all’emendamento 2.0.1000 del Governo, relativo all’adeguamento della disciplina sulle concessioni balneari alla normativa europea.

Stakeholder istituzionali attivi in merito al DDL Concorrenza

A conferma di quanto il focus della discussione tematica sul Concorrenza sia ricaduto sul tema balneari arrivano i volumi delle conversazioni in rete su questa specifica tematica, nello stesso periodo di riferimento, che sul fronte pubblico arrivano a superare le 60 mila citazioni in contenuti digitali e le 430 mila interazioni tra media e social, mentre sul fronte politico ha visto attivarsi oltre 130 attori istituzionali attraverso i propri profili personali.

Tra questi, con 27 rappresentanti attivi sull’argomento la Lega è il partito più attivo nel dibattito politico web sul tema balneari, con uscite social di natura piuttosto composita, ma che esprimono la contrarietà più (come Borghi) o meno (come Zaia) accesa di tutto il centrodestra rispetto alla previsione di una messa a gara delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo. Le diverse anime leghiste emergono anche nel dibattito parlamentare: se da una parte vi sono elementi più battaglieri, tra cui il senatore Calandrini, che ha apertamente criticato l’accordo raggiunto sui balneari, emergono anche voci più moderate, e quindi vicine ai desiderata del Governo che, comunque, richiedono una tutela delle imprese storiche, degli investimenti e dei posti di lavoro, come quella del Senatore Ripamonti – relatore del disegno di legge – che ha espresso soddisfazione per i risultati raggiunti, in particolare in relazione alle tempistiche per le gare e alle previste premialità per tutelare le piccole imprese, specie quelle familiari.

Sul fronte opposto, sempre all’interno della maggioranza, si situa il Movimento 5 Stelle di cui 25 esponenti hanno alimentato il dibattito tematico, commentando in primis quanto “la riforma paia incentrata solo sul tema dei balneari” (Stefano Buffagni) e focalizzando poi la polemica principalmente contro il centrodestra. In particolare, la Senatrice Taverna, ha dichiarato che “la difesa a spada tratta” delle concessioni balneari – effettuata in particolare da Fratelli d’Italia e Lega – appare una copertura di un interesse di parte, in contrasto con l’interesse pubblico. Coerente con le uscite sui social gli interventi in Commissione Industria, dove il Presidente Girotto ha sottolineato il carattere migliorativo delle modifiche apportate al testo.

Stakeholder istituzionali attivi sulla issue “balneari”

In questo contesto politico così acceso, le varie anime del mondo dei balneari si sono presentate connotate da una forte frammentazione di sigle e operatori, sia a livello istituzionale che mediatico. Difatti, le diverse associazioni di categoria hanno partecipato in ordine sparso alle audizioni (con più di 10 sigle a rappresentanza del settore), comportando la presentazione di un numero estremamente elevato di subemendamenti (più di 260). Se da una parte si riscontra una convergenza di richieste da parte delle diverse associazioni, quali la previsione di un differente regime giuridico tra concessioni demaniali marittime già esistenti e il rilascio di nuove concessioni o la necessità di una preventiva mappatura al fine di verificare la sussistenza o meno di una “scarsità delle risorse” -, d’altra parte la poca flessibilità e sostenibilità di alcune di queste, come la richiesta di esclusione delle concessioni demaniali marittime dalla disciplina e dall’applicazione della Direttiva, ha di fatto generato un malcontento generale da parte del mondo dei balneari, i quali non sono riusciti ad ottenere i risultati sperati.

Allo stesso modo si evidenzia una mancanza di visione strategica in merito al presidio dei canali social. Le pagine dei principali soggetti intervenuti nell’istruttoria legislativa si sono, infatti, riattivate o attivate in maniera significativa e massiccia solo a ridosso dell’esame del DDL Concorrenza, a guisa di reazione per la piega presa dalla discussione istituzionale. È soprattutto all’interno di questi canali e nelle neonate pagine Facebook degli operatori del settore che vengono alimentati la rabbia e il risentimento di un comparto che, sentendosi abbandonato e inascoltato dalla politica, decide – soprattutto da fine marzo in poi di far sentire la propria voce promuovendo attivismo offline con proteste e manifestazioni, e online attraverso l’adesione a gruppi WhatsApp e Telegram.

È interessante notare come sentiment e natura dei contenuti siano profondamente differenti tra Facebook e Twitter. Difatti, il primo è noto per la sua capacità di “mobilitare le masse” e viene quindi popolato da gruppi e pagine di associazioni, sindacati e operatori del settore, contrari agli intendimenti del Governo, mentre Twitter è da sempre palcoscenico prediletto da una differente tipologia di utenti, meno influenzata, seppur non priva, dalle bolle di opinione. Qui, sulla issue “balneari”, negli ultimi tre mesi, si osservano oltre 3 mila autori unici e il dibattito è caratterizzato da una prevalenza di contenuti che appoggiano le posizioni dell’esecutivo, anche con un tone of voice forte – spesso sboccato e impetuoso – e un mix di ironia e provocazione nei confronti di una categoria per anni “protetta” dallo Stato, arrivando anche a suggerire un “provvedimento di sospensione della concessione per mancato adempimento” qualora i balneari mantenessero fede alla minaccia di chiudere i lidi per protesta.

Tornando alla battaglia parlamentare, come anticipato, l’intera maggioranza non ha potuto che piegarsi alla decisa presa di posizione del Presidente Draghi, approvando l’emendamento governativo, con il solo subemendamento del Senatore Turco (M5S), confermando praticamente in toto l’impianto generale predisposto dall’esecutivo e lasciando cadere nel vuoto ogni resistenza sull’argomento da parte degli operatori e degli esponenti politici contrari, se non per l’inserimento – poca cosa a fronte delle richieste del settore – di disposizioni volte al prolungamento della validità delle concessioni in caso di contenziosi in essere.

Immediata è stata la reazione del mondo dei balneari, che ha accusato l’intera maggioranza (e con essa Forza Italia e gran parte della Lega) non solo di aver ignorato le loro istanze ma anche di aver tradito un comparto turistico importante per l’economia del Paese. Ed è proprio sull’onda di queste polemiche che su Facebook si legge un sempre più diffuso apprezzamento rispetto a Fratelli d’Italia, “unico partito rimasto a fianco al settore”. Sintomatico un post di “Movimento Balneare”, che non fa mistero ai suoi iscritti sui propositi elettorali, richiedendo loro di indirizzare il proprio voto e le proprie speranze esclusivamente sul partito di Giorgia Meloni.

Politica debole, guida forte, lobby fragili: who’s next?

La particolare e variegata composizione di questa maggioranza di Governo è riuscita a rallentare e a mettere in discussione l’approvazione di una delle più importanti riforme legate al PNRR. La battaglia ideologica – ed in quanto tale più serrata e di difficile risoluzione – legata soprattutto al tema delle concessioni balneari, ha visto tremare l’Esecutivo che nel giro di pochi giorni è stato costretto ad imporre una repentina accelerazione, dopo uno stallo di quasi cinque mesi. Questo è stato possibile anche grazie ad una soluzione tanto efficace quanto non ordinaria, che ha svelato ancora una volta il pragmatismo del Premier Draghi: il vertice dell’esecutivo ha difatti imposto una divisione tematica dell’articolato tra i due rami del Parlamento, garantendo una diluizione dei momenti conflittuali nel tempo.

Nonostante la grande mobilitazione, seppur, come detto, in ordine sparso, i risultati ottenuti dal mondo dei balneari non soddisfano le aspettative. La messa a gara delle concessioni rappresenta, infatti, una sconfitta per gli operatori del settore, i quali non celano il loro malcontento e minacciano ripercussioni nella prossima tornata elettorale. Poco importa se la tempistica sulla messa gara delle concessioni è stata, di fatto, posticipata, lasciando intravedere (forse) una luce per i balneari, in considerazione anche del possibile esito delle prossime elezioni. La durezza delle posizioni e delle richieste, unitamente alla mancanza di visione e compattezza sul fronte tanto mediatico quanto istituzionale, non ha permesso al gruppo di interesse di portare a casa la vittoria così come immaginata. In prospettiva, la valorizzazione di una strategia complessa, di un intervento tempestivo, di una più coerente organizzazione dell’interesse rappresentato, avrebbe forse potuto comportare un migliore esito della campagna. A questo punto, tutto sembrerebbe presagire uno spostamento della bilancia elettorale – quanto meno nella pesa del centrodestra – in favore di Fratelli d’Italia, facendo convergere il voto di una fetta importante degli oltre 30.000 balneari italiani.

Ora la palla passa al prossimo Governo e soprattutto agli enti territoriali, che dovranno gestire la delicatissima partita della messa a bando del sistema balneare. A livello di Governo, non resta che capire chi verrà dopo, ma la tendenza fa pensare che la criticità del contesto richiederà ancora la figura dell’uomo forte alla guida del Paese e non è chiaro se la politica sia di fatto vittima o regista di questa dinamica.